L’antica arte marziale di Chenjiagou entra nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, con oltre 100 milioni di praticanti stimati
A seguito della candidatura immessa nel 2008, l’UNESCO ha formalizzato l’iscrizione dell’antica arte marziale del Taijiquan alla Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, portando a 42 il numero dei patrimoni immateriali cinesi attualmente presenti nel catalogo. Secondo quanto diffuso nella giornata di giovedì dai media statali, la decisione sarebbe stata annunciata nel corso della riunione telematica del Comitato Intergovernativo dell’UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, tenutasi a Kingston, Giamaica, dal 14 al 19 dicembre.
«Il taijiquan è uno dei più importanti eventi di wushu (arti marziali cinesi, ndr) a essere promossi dall’omonima Federazione Internazionale. La sua inclusione è di grande importanza per la promozione a livello globale del wushu, ma soprattutto del taijiquan». A dichiararlo il segretario generale della Federazione Internazionale di Wushu Zhang Qiuping, che ha definito il riconoscimento internazionale una «vittoria», funzionale ad incrementare la popolarità della disciplina nel mondo. Una pratica che, come spiegato dal ricercatore Yan Shuangjun, non costituisce un semplice «esercizio per rimettersi in forma, ma contiene anche la cultura e la filosofia cinesi».
Fondato a metà del XVII secolo nel piccolo villaggio di Chenjiagou, nella provincia centrale dello Henan, dal maestro Chen Wangting, il Taijiquan ha gradualmente varcato i confini nazionali e internazionali, diffondendosi in oltre 150 Paesi e regioni. Attualmente, il villaggio unifica sotto la sua pratica oltre 800 persone, mentre Xinhua riporta un numero di praticanti stimati nel mondo in oltre 100 milioni.
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