Il piano quinquennale 2021-2025 prevede nuove misure che allentano le restrizioni e che favoriscono uno sviluppo demografico più equilibrato
Nell’ultimo mese sono stati portati avanti i lavori per deliberare il 14esimo piano quinquennale che entrerà in vigore a partire dal 2021. Il XIX Comitato centrale del Partito Comunista Cinese ha infatti formalizzato modalità e obiettivi dello sviluppo nazionale a breve e lungo termine, durante la riunione tenutasi a fine ottobre. Come riportato dai media lunedì scorso, una delle problematiche affrontate riguarda l’invecchiamento della popolazione e il conseguente squilibrio demografico, con carenze nella forza lavoro. Tra gli obiettivi del prossimo piano, vi sarà dunque la promozione di uno sviluppo demografico equilibrato.
Attualmente, la politica di pianificazione famigliare, approvata nel 2016, prevede che ciascuna famiglia cinese possa avere fino a due figli (con alcuni casi eccezionali). Nei prossimi cinque anni si pronostica tuttavia un allentamento di tale politica, con l’introduzione di misure che promuovano un incremento della fertilità e della qualità della struttura demografica. Tra i documenti ufficiali pubblicati a seguito della quinta sessione plenaria del XIX Comitato, vi è l’approvazione di un progetto che mira a mappare lo sviluppo della Cina nei prossimi cinque anni, tracciando i progressi della strategia nazionale di riequilibrio dello sviluppo demografico. Le strategie a lungo termine prevedono politiche di pianificazione famigliare più inclusive, con il perfezionamento delle misure sanitarie, educative e occupazionali, il potenziamento dei servizi a sostegno delle famiglie e la riduzione dei costi dei servizi di educazione. Gli esperti hanno inoltre ipotizzato ulteriori allentamenti in termini di numero di figli per coppia e di rimozione di alcune restrizioni riguardanti i genitori single e i figli nati al di fuori del matrimonio.
Negli ultimi decenni, le politiche prevalenti sono risultate particolarmente restrittive e rigide, volte alla riduzione delle nascite, per cui è necessario un riadattamento delle misure di pianificazione famigliare alle esigenze attuali. Queste comprendono previsioni circa un calo della popolazione totale e del tasso di fertilità: come riportato da China Daily, nel 2019 si è riscontrato il tasso di natalità più basso degli ultimi 70 anni, mantenendo stabile la tendenza al calo delle nascite per il terzo anno consecutivo. Chiaramente, questa tendenza avrà ripercussioni anche a livello socioeconomico, con un peggioramento della qualità della forza lavoro e un ulteriore aggravamento del fenomeno di invecchiamento della popolazione.
Un’altra problematica riguarda la discriminazione occupazionale, che ha interessato le donne cinesi già con l’introduzione della politica del secondo figlio nel 2016. Secondo i sondaggi, infatti, in Cina le donne vengono coinvolte meno nel mercato del lavoro, riscontrando maggiori difficoltà nelle assunzioni e nelle promozioni. La maternità ha comportato, per la maggior parte di loro, una riduzione del salario e un peggioramento dello status occupazionale. Anche la cura dei figli tende a costituire un peso che grava quasi unicamente sulla madre: riporta China Daily che secondo i sondaggi, il 61,7% dei bambini che non frequentano la scuola materna viene accudito dalle madri, il 35,7% dai nonni e soltanto l’1,1% dai padri.
Per questo motivo, tra le politiche adottate per favorire un aumento delle nascite dovrebbero essere previste anche misure che allevino l’onere del parto e della maternità, con l’ottimizzazione del sostegno economico e dei servizi pubblici di assistenza all’infanzia, oltre alla promozione di una maggiore parità all’interno della coppia nella cura della prole.