Lu Xun, pseudonimo di Zhuo Shu Ren 周树人 è considerato il padre della letteratura moderna cinese e viene apprezzato anche in epoca maoista. Sebbene non divenne mai membro del PCC (Partito Comunista Cinese), Mao lo definì un grande letterato, ma anche un grande pensatore e un grande rivoluzionario. Ha avuto un ruolo essenziale nella formazione della cultura cinese moderna e contemporanea, tant’è vero che i suoi lavori hanno influenzato le generazioni a venire.
Lu Xun nasce a Shao Xing il 25 settembre del 1881 in una famiglia di burocratici in declino, vive la Cina dei grandi cambiamenti e disordini, che iniziano con la caduta dell’impero Qing nel 1911. Riceve un’educazione di tipo feudale, che viene poi arricchita dal pensiero borghese e democratico una volta trasferitosi a Nanchino nel 1898. A 21 anni ha la possibilità di studiare in Giappone, dove resterà fino al 1909. Una volta ritornato in Cina, lavora al Ministero dell’Educazione a Pechino, dove si stabilisce fino alla prematura morte dovuta alla tubercolosi nel 1936.
Tra gli intellettuali che abbracciano gli ideali del movimento del Quattro Maggio, troviamo proprio Lu Xun, considerato uno dei suoi maggiori esponenti. Questi intellettuali erano antitradizionalisti ed a favore della democrazia e dell’individualismo, per loro liberare l’individuo dai vincoli tradizionali significava liberare la società cinese. Il movimento parte dagli studenti di Pechino ma si espande presto in tutta la nazione, vi è quindi la nascita di un senso di rivalsa e nazionalismo, come si intuisce dal loro motto 中学为体,西学为用 (Cultura Cinese come essenza, cultura occidentale come mezzo), ovvero abbandono della via confuciana e adozione di modelli occidentali, che andavano però adattati al contesto cinese. La situazione politica/sociale cinese ha conseguenze anche a livello letterario, infatti si viene a formare il movimento per una nuova lingua, che aveva l’obiettivo di creare una koiné facilmente comprensibile. Gli intellettuali preferivano infatti l’utilizzo del 白话文 (baihuawen), il cinese vernacolare, rispetto al 文言文 (wenyanwen). Il baihuawen 白话文 nasce come lingua del popolo, più simile al parlato, ed è quella adottata da Lu Xun nelle sue opere. La sua opera più importante è “Chiamata alle Armi”: una raccolta di novelle che contiene l’introduzione nominata “La Casa di Ferro” e il celebre racconto “Diario di un Pazzo”.
Nell’introduzione a “Chiamata alle Armi” Lu Xun scrive:
“Immaginate una casa di metallo, senza finestre, praticamente indistruttibile, con tanta gente addormentata sul punto di morire asfissiata. Tu sai che la morte li coglierà nel sonno e quindi non conosceranno le pene dell’agonia. Ora, se tu, con le tue grida, svegli quelli dal sonno più leggero e costringi questi sfortunati a soffrire il tormento di una morte inevitabile, credi di rendere loro un servigio?”
La risposta di Lu Xun è sì, li sveglierebbe perché, pur se doloroso, è necessario dir loro cosa stanno attraversando e cosa vivranno. Questa infatti è una metafora della situazione politica e sociale della Cina in quegli anni. Lu Xun, con quest’opera, aveva l’obiettivo di aprire gli occhi ai tradizionalisti con uno sguardo rivolto alla modernità. “Il Diario di un Pazzo” è la prima novella pubblicata in cinese vernacolare dal giornale La Jeunesse nel 1918 e sconvolge il pubblico: il linguaggio è lapidario e molto spoglio rispetto alle opere scritte in wenyanwen. La pazzia del protagonista non è descritta in modo lirico, viene fuori come un’esplosione violenta. La trama è breve e semplice: il protagonista del racconto soffre di manie di persecuzione e si sente minacciato dagli abitanti del villaggio in cui si trova. Vede intorno a sé tanti cannibali: dai bambini agli animali, senza distinzioni. La cosiddetta “Cultura cannibale” (Chī rén de wénhuà 吃人的文化) è una critica alla cultura cinese che fagocita i giovani senza dare loro spazio. I cannibali sarebbero gli anziani che rendono la Cina antica e che “mangiano” i giovani, senza dar loro modo di vivere.
Nel Prologo vediamo scritto: “Presi il diario e leggendolo scoprii che il mio amico soffriva di una specie di mania di persecuzione. Era scritto in modo incoerente e confuso e conteneva molte affermazioni assurde; per di più non c’era alcuna data, e solo dal colore dell’inchiostro e dalla diversità della scrittura si capiva che il diario era stato scritto in epoche diverse.”
Viene narrato in terza persona e il narratore è un medico, presumibilmente lo stesso Lu Xun, in quanto parlando di una ricerca medica nelle prime pagine, si nota, infatti, un interesse nei confronti della psicanalisi e delle teorie di Freud che spopolavano negli stessi anni in Europa. Se in un primo momento il lettore prende le distanze dal modo di pensare del protagonista e lo ritiene effettivamente un pazzo, in un secondo momento prende invece coscienza che c’è un fondo di verità in quel che sta leggendo date le dettagliate descrizioni fornite dal narratore.
Nonostante il titolo della novella “Il Diario di un pazzo”, Lu Xun, avanguardia del futuro letterario cinese, con lucidità e chiarezza dà l’immagine di una Cina in crisi, dove i giovani come lui cercano di sfuggire ad una tradizione soffocante tramite rivoluzioni, infatti l’epilogo del libro contiene speranza verso le nuove generazioni e conclude con la frase: “salvate i bambini…”.