In vista del 100esimo anniversario del PCC la Cina non deve abbassare la guardia, ma ottimizzare il suo paradigma di sviluppo
Giovedì 5 marzo i membri del 13esimo Congresso nazionale della Conferenza consultiva politica del popolo cinese si sono riuniti nella Grande Sala del popolo a Pechino per inaugurare la quarta sessione del principale organo consultivo politico cinese. La riunione ha aperto la sessione annuale tesa a deliberare sull’agenda e sull’intera stagione politica che la Cina si prepara ad affrontare nei prossimi anni, in vista di diventare un Paese socialista moderno entro la celebrazione del 100esimo anniversario della fondazione del Partito Comunista Cinese.
Alla riunione ha partecipato anche Xi Jinping, ma è stato il premier Li Keqiang a tenere discorsi fondamentali riguardo agli ultimi risultati e traguardi storici del Dragone, specialmente in riferimento al contenimento della pandemia di COVID-19 e all’economia nazionale, la quale si è dimostrata «stabile e sostenuta nonostante le difficoltà del periodo», dimostrando di avere «un grande potenziale di resilienza». Tuttavia, ha sottolineato Li Keqiang, adesso gli sforzi della Cina non dovrebbero essere rivolti tanto alla crescita del PIL, quanto al miglioramento della qualità di vita delle masse come obiettivo primario prestabilito per il 14esimo piano quinquennale.
Seguendo la filosofia del paradigma di sviluppo sostenibile, anche Xin Ming, professore presso la Party School del Comitato Centrale del PCC, ha sottolineato la necessità di mantenere saldo l’operato della rivitalizzazione rurale al fine di estirpare a tutti gli effetti le ultime tracce di povertà nel territorio nazionale. Difatti, nonostante la recente grande conquista del Dragone in ambito storico-politico, la Cina non deve fare marcia indietro, perché ora è necessario portare avanti un nuovo paradigma di sviluppo “di livello superiore”, cercando di integrare ulteriormente l’economia cinese in quella globale appellandosi al modello della “doppia circolazione” nonché operando in modo assistenziale con gli altri Paesi ancora gravemente colpiti dalla crisi pandemica.
Al riguardo, Zhang Wenhong, capo del Centro per le malattie infettive dell’ospedale Huashan dell’Università Fudan di Shanghai, si è dimostrato soddisfatto per i risultati dell’impegno anti-epidemico della Cina, la quale ha messo in atto comportamenti strategici e un multilateralismo che ha rispettato l’ideologia del socialismo nonché il pensiero della “comunità condivisa” anche al di fuori della propria patria.
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