Quello dei cosiddetti chengyu cinesi è un linguaggio antico tramandato fino ad oggi e ancora utilizzato nella vita quotidiana
I chengyu sono espressioni idiomatiche, tipiche del linguaggio cinese, la cui peculiarità è quella di esprimere un concetto con soli quattro caratteri. Si tratta di modi di dire dalla forma fissa, molto popolari anche nel linguaggio odierno, la cui origine risale però a fonti letterarie molto antiche. Derivano infatti dal cinese classico, tanto dalla narrazione di fatti storici, quanto da quella di leggende e miti.
Riassunti in quattro caratteri, sono andati poi a descrivere situazioni, persone e oggetti, ma anche a esprimere emozioni e sentimenti. Un esempio è: 东施效颦, dōngshī xiàopín, che si traduce con “Dong Shi imita aggrottando le sopracciglia”. La storia all’origine di questo chengyu racconta di due ragazze, una molto bella, Xi Shi, che abita sulla riva occidentale del fiume, e una molto brutta, Dong Shi, che abita su quella orientale. La prima ragazza è affetta da una malattia al cuore, che le provoca grandi dolori, e per questo ha spesso la fronte corrugata; tuttavia, la sua bellezza è tale che, perfino quando aggrotta le sopracciglia, rimane incantevole. La seconda ragazza, invece, è volgare e tanto brutta da essere rifiutata dalle persone che la circondano. Decide quindi di iniziare a copiare Xi Shi, sperando di riuscire ad emularne la bellezza. Tuttavia, l’effetto sortito è l’opposto: quando Dong Shi aggrotta le sopracciglia, il suo viso si deforma ancor di più e le persone, osservando questa imitazione grottesca del dolore, iniziano a deriderla.
La morale della storia è che non ha alcun senso imitare gli altri, senza per altro comprendere appieno il significato delle loro gesta, nella speranza di risultare altrettanto piacevoli: è necessario prima piacere a sé stessi per piacere agli altri. Come per molti altri chengyu, anche in questo caso la morale è ispirata ad un insegnamento già tramandato da Confucio, che aveva affermato: «Non preoccuparti se gli altri non ti apprezzano, preoccupati invece se tu non apprezzi te stesso».
Ancora oggi i chengyu sono parte integrante della cultura cinese: si stima che siano oltre 5000 quelli ancora in uso. Dalla letteratura popolare, quella degli idiomi è presto diventata una letteratura minore della grande tradizione, a costituire una sorta di lingua a sé, che non rispetta le regole grammaticali e sintattiche del cinese moderno, ma che, ancora oggi, è in grado di esprimere profondi significati.
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