Il documentario, diretto da Peter Getzels, mostra il dietro le quinte del più vasto programma di riduzione della povertà al mondo, in Cina
«Volevamo che la gente potesse apprezzare una delle più grandi conquiste al mondo senza sposare una particolare ideologia politica». Questo il commento di Peter Getzels, regista e produttore vincitore di numerosi Emmy, sul suo ultimo lavoro Voices from the Frontline: China’s War on Poverty, che debutterà lunedì online.
In anteprima su PBS.org, è un documentario struggente e ricco di sfumature che rivela un raro scorcio del funzionamento interno di uno dei programmi di politica pubblica più ambiziosi del pianeta. La coproduzione USA-Cina ha seguito cinque casi del piano di riduzione della povertà in Cina, l’enorme programma governativo che si è impegnato a liberare i cittadini cinesi dalla povertà estrema entro la fine del 2020. Secondo un rapporto pubblicato dal Consiglio di Stato cinese lo scorso ottobre, dal 2012 al 2018, 82,39 milioni di cinesi sono stati liberati dalla povertà e solo nel 2018, 13,86 milioni di persone non sono più in condizioni di indigenza.
I dati ufficiali hanno mostrato che il reddito pro capite dei residenti delle zone rurali povere della Cina ha raggiunto i 10.371 yuan (1.460 dollari) nel 2018, pari al 71% di quello dei residenti urbani. Quando Getzels e Robert Lawrence Kuhn, noto esperto della Cina e vincitore della China Reform Friendship Medal, hanno iniziato questo film, il piano era già riuscito a coinvolgere oltre 100 milioni di persone negli anni precedenti, e il tempo scorreva a ritmo serrato per i restanti 90 milioni di individui, identificati dalla fine del 2016 e monitorati regolarmente. Ma, cosa ancora più importante, per girare il documentario, un team di talentuosi cineasti americani e cinesi ha avuto la possibilità di viaggiare in Cina con una libertà senza precedenti, parlando con gli abitanti dei villaggi, i funzionari e i consulenti indipendenti, per vedere in prima persona come andava il programma di lotta alla povertà e per determinare cosa lo faceva funzionare.
Getzels ha colto il cuore pulsante dietro le statistiche, seguendo le famiglie cinesi che lottavano per trovare una via d’uscita dalla povertà. Una giovane studentessa seguita nel film non è solo la prima della sua famiglia ad andare al college, ma è anche la prima in tutta la storia del suo villaggio a farlo. «Lasciamo che le persone come la giovane ragazza raccontino la propria storia. Era così genuina e la sua preoccupazione per i genitori, il suo desiderio di essere migliore, il suo orgoglio per ciò che ha realizzato diventano una storia universale che raggiunge tutte le culture», ha spiegato Getzels. «Non importa se sei cinese, americano, inglese o qualsiasi altra cosa, si stabilisce un legame con le persone», ha affermato.
Il documentario racconta un sistema notevole, che registra ogni singolo individuo e famiglia povera in Cina grazie all’ufficio locale del programma di riduzione della povertà, centinaia di milioni di persone. Ma si va ancora oltre. Con un richiamo alla prudente pianificazione finanziaria occidentale, queste famiglie non ricevono l’elemosina del governo. Al contrario, i loro assistenti sociali li aiutano a sviluppare un proprio piano imprenditoriale individualizzato per aumentare il reddito. Con la realizzazione di microimprese come il ricamo e la confezione di capi d’abbigliamento, o di cooperative per la vendita on line di frutta e di altri prodotti locali, si ha l’incarnazione nel mondo reale del vecchio adagio: “Dai a un uomo un pesce e mangerà per un giorno; insegna a un uomo a pescare e mangerà per tutta la vita”. Proverbio cinese citato nel documentario per spiegare come il popolo cinese affronta le sfide in quelle aree che hanno sopportato secoli di povertà. In Cina, i poveri stanno imparando a “pescare”.
«Quindi, non importa quale sia il tuo orientamento politico, puoi entrare in contatto con le persone di questo film, vederle lavorare insieme per cercare di risolvere le cose ed empatizzare con ciò che stanno vivendo», ha detto Getzels. «Non c’è niente di più importante al mondo in termini di uguaglianza globale che la lotta alla povertà e, a questo proposito, il programma cinese di riduzione della povertà è notevole», afferma Kuhn. «Dimostra quanto il loro governo si preoccupi effettivamente per il proprio popolo». «Questa è una delle più straordinarie realizzazioni di ingegneria sociale nella storia dell’umanità», ha osservato.
«La gente si chiede come siano riusciti a portarla a termine e questo documentario racconta gli approcci interessanti ed efficaci di come l’hanno realizzata. Spero che parti di essa possano essere adattate e utilizzate altrove nel mondo», ha continuato. Inoltre, Khun ha notato una sorprendente correlazione tra l’approccio cinese alla lotta contro l’epidemia di coronavirus e la lotta contro la povertà. «Il sistema che ha effettivamente contenuto il coronavirus in Cina è lo stesso che ha saputo eliminare la povertà estrema in poco più di un decennio. Non c’è modo migliore per capire come funziona la Cina che capire il suo programma di riduzione della povertà», consiglia Kuhn. «Entrambi si assumono un impegno nazionale e una massiccia mobilitazione di risorse».
Il regista Getzels ha apprezzato anche il proficuo scambio di opinioni tra i cineasti americani e cinesi, tra cui il produttore esecutivo Adam Zhu e Liu Cong, il produttore Liu Changying, che hanno lavorato insieme per realizzare il documentario. «Abbiamo comunicato abbastanza bene a voce, ma il linguaggio del cinema è diventato il nostro linguaggio universale. Nel complesso è stato molto gratificante e mi piacerebbe farlo di nuovo», ha detto.
Mentre Getzels ha portato la sua visione e sensibilità su ciò che il pubblico internazionale vuole vedere nei documentari, riconosce al direttore della fotografia, Ning Nan, di essere «una persona molto profonda che ha conferito sensibilità e spessore al suo lavoro con la macchina da presa», e ha cantato le lodi degli altri suoi colleghi cinesi e della sua collaboratrice di lunga data, la montatrice americana Catherine Shields, definendola «una montatrice magistrale di film da premio Oscar».
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