Lo scrittore e critico musicale Zhang Changxiao ci racconta la sua esperienza di cinese residente in Italia, a Milano, in tempi di quarantena
Durante l’epidemia, l’Italia è diversa rispetto a prima, è diventata un luogo deserto. Non sono abituato a questa Italia tranquilla, ma a molti questa quiete non dispiace. Un mio amico italiano mi ha detto che è il momento più buio per l’Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Penso che ciò che l’Italia sta vivendo ora sia paragonabile a ciò che la città di Wuhan ha vissuto più di un mese fa. Si vedono sempre meno persone per strada; molti all’inizio non volevano indossare mascherine, mentre ora non riescono ad acquistarle; il mercato vicino a casa mia, di solito vivace e frequentato, da un po’ di tempo a questa parte è chiuso.
È da diverso tempo che sono solo in casa mia in quarantena, senza vedere nessuno. Mentre prima mi lamentavo per il cattivo isolamento acustico del mio appartamento, ora sentire le voci dei miei vicini e il pianto di un bambino mi fa percepire la presenza della vita che, nonostante tutto, continua. Se non fosse scoppiata l’epidemia, a quest’ora avrei iniziato pianificare il festival musicale per il cinquantesimo anniversario dell’istituzione di relazioni diplomatiche tra Cina e Italia, che avrebbe portato artisti italiani come Cristiano De André ad esibirsi in Cina.
Il regista Yang Yazhou mi ha chiesto di scrivere una sceneggiatura ambientata durante l’epidemia, perciò sono stato particolarmente impegnato a raccogliere informazioni su quanto sta accadendo. Ho notato come questa situazione abbia creato nella vita degli italiani un contesto di paura che, nel passato recente, non ha precedenti. Otto anni fa, quando ho messo per la prima volta piede in Italia, ero solo un semplice studente che aveva scelto di seguire i corsi presso il Politecnico di Milano. È stato lì che, per la prima volta, mi sono imbattuto nella musica di Fabrizio De André.
Prima non credevo in nessun dio, perché fin da quando ero bambino mio padre mi ha sempre detto che la nostra vita può essere cambiata solo attraverso i nostri sforzi e il duro lavoro. Questa è un po’ la visione che molti hanno dei cinesi, un popolo che lavora sempre duramente, ma è forse un crimine questo? Certo che no, del resto i cinesi sanno anche rilassarsi. In ogni caso, il momento in cui ho sentito per la prima volta la voce di Fabrizio De André è stato una rivelazione. Ho sentito come una sorta di potere magico che mi ha travolto. Dopodiché, la mia vita è cambiata. Ho scritto un libro sui cantautori italiani in cinese, che ha avuto un grande successo. In seguito, ho iniziato a credere nell’esistenza di Dio. Forse, quando si fa qualcosa di buono, poi il bene viene nelle nostre vite.
Una decina di anni fa, ho avuto una malattia polmonare, per la quale ho dovuto essere intubato. Conoscendo il dolore di questa condizione, capisco la situazione di chi si trova ad affrontarla. Perciò, quando la situazione dell’Italia si è aggravata, ho pensato che fosse doveroso dare il mio contributo. Mi sono rimboccato le maniche, di sera scrivevo la sceneggiatura, mentre durante il giorno mi dedicavo alla raccolta di forniture e materiali da destinare all’Italia per far fronte all’emergenza, parlando ogni giorno al telefono con chi potesse contribuire a questo progetto. Da un lato pensavo a descrivere i personaggi e i loro rapporti nella sceneggiatura, dall’altro gestivo una raccolta fondi per l’emergenza coronavirus in Italia.
Innanzitutto, per farlo, mi sono rivolto al governo nazionale cinese e ai governi locali, tra cui quelli del Zhejiang, dello Hunan, del Guangdong, dello Shandong e del Jiangxi, sperando in una loro risposta positiva. Fortunatamente, ho ricevuto presto il loro consenso. Oltre alle mascherine, volevano anche donare medicinali cinesi, ma gli italiani non sono molto avvezzi alla medicina tradizionale del mio Paese, anche se essa può in molti casi rivelarsi utile per migliorare le difese immunitarie.
Per conto della Camera di Commercio dello Shandong, mi sono rivolto all’Associazione dei cinesi all’estero originari dello Shandong, che mi ha comunicato di aver già donato numerose mascherine a diverse regioni italiane e che ha anche espresso il suo supporto alla situazione italiana. Oltre che dagli enti governativi, ho anche ricevuto supporto da altre importanti istituzioni come l’Accademia d’Arte dello Shandong e l’Associazione culturale del Dongguan. Da quel momento, ho anche intrapreso una collaborazione con la China Southeast TV, riferendo loro quotidianamente aggiornamenti sulla situazione, e ho iniziato a scrivere un diario sugli avvenimenti di questo periodo.
Al contempo, sono entrato in contatto, attraverso i social, con molti cinesi che come me amano la cultura e la musica italiana. In particolare, uno di loro si è offerto di fare delle donazioni per l’acquisto di mascherine per l’Italia. È stato davvero inaspettato ricevere tanto calorosamente la fiducia di un amico che non avevo mai incontrato. Nonostante le difficoltà del periodo, ho sentito dentro di me commozione e speranza verso la natura umana. Quando gli ho chiesto di dirmi il suo nome, lui ha rifiutato, dicendo: «No! Sono solo un amante della cultura italiana, spero soltanto che i miei connazionali all’estero stiano bene e che il popolo italiano possa superare questo momento difficile il prima possibile. Ti prego, compra quelle mascherine!».
Anche i fan dei miei libri mi hanno contattato su Internet, una di loro mi ha detto: «Io sono del Sichuan; quando qui si è verificato il terribile terremoto del 2008, l’Italia ci ha fornito subito assistenza. Non posso dimenticare questo bellissimo gesto!», quindi si è offerta di donare 3000 mascherine all’Italia. Fino ad ora sono state raccolte 50.000 mascherine attraverso tutti questi diversi canali, online e offline, e la raccolta continua ancora. La Cina ha offerto la propria assistenza all’Italia, anche se secondo alcuni si tratta di un gesto dal valore politico.
A mio parere, non importa se politico o meno, posso assicurare che è un aiuto autentico, sincero e concreto. Durante l’epidemia, le persone più a rischio sono i medici e la gente comune, e ancora di più i senzatetto e i più poveri; tutti loro meritano aiuto per poter vivere in sicurezza. Qualche giorno fa, ho visitato la casa di riposo per musicisti Casa Verdi. Penso che bisognerebbe prestare maggiore attenzione agli anziani, che grazie alla loro saggezza sono il futuro del Paese. Faccio queste cose perché sono residente in Italia. Anche se in tanti non siamo nati qui, siamo cresciuti qui e speriamo che presto in Italia tutto possa andare per il meglio.
Traduzione di Elena Pozzoli
Clicca qui per leggere anche Ai tempi del Coronavirus, dov’è Fabrizio De André?