Si chiamano L e S le due mutazioni del nuovo Coronavirus, ma i ricercatori affermano: «Sono necessari ulteriori studi»
Dalla Cina arriva un nuovo tassello per decifrare e combattere con efficacia il nuovo Coronavirus. Secondo quanto riportato da China Daily, infatti, un team di virologi cinesi afferma che il COVID-19 si è evoluto in due sottotipi principali. La conoscenza delle differenze e proprietà di queste mutazioni rappresenta un importante strumento per valutare i possibili pericoli e mettere a punto strategie di trattamento e prevenzione.
Le due mutazioni sono state denominate L e S. Il sottotipo L, caratterizzato da una maggiore aggressività, era il più diffuso nell’epidemia scoppiata a Wuhan, nella provincia dello Hubei. Il tipo S, più vecchio e meno aggressivo, è stato riscontrato di recente in un numero crescente di malati. Ciò potrebbe spiegare gli ultimi più lenti sviluppi del contagio in Cina.
Gli autori di questa importante ricerca dal titolo On the Origin and Continuing of SARSCoV-2, pubblicata sulla rivista cinese National Science Review, hanno individuato 149 mutazioni nei 103 genomi sequenziati del nuovo Coronavirus. Come emerge dalle loro analisi, queste mutazioni sono recenti e 83 di esse non sono sinonimiche. Ovvero possono modificare la sequenza degli aminoacidi di una proteina e causare un’alterazione biologica nell’organismo. Tuttavia i ricercatori sottolineano la limitatezza dei dati raccolti. Non si sa ancora come il sottogenere L sia mutato da quello S e come queste variazioni possano incidere sul contagio e sulla patogenesi del virus. Si legge nel documento: «C’è un forte bisogno di un ulteriore studio immediato e completo».
La maggioranza dei soggetti contagiati dal virus sono affetti dal ceppo L oppure S. Ma ci sono delle eccezioni. Infatti, è noto come un uomo di 63 anni di Chicago abbia contratto con ogni probabilità entrambi i sottotipi L e S durante un suo soggiorno a Wuhan, prima del suo ritorno negli States il 13 gennaio. Anche un paziente australiano sembra essere stato contagiato da almeno due ceppi del virus, al suo ritorno in patria. «Questi risultati mostrano la crescente complessità dell’evoluzione delle infezioni da SARS-CoV-2», continua il documento. «Ulteriori studi che indagano su come i diversi alleli del virus SARSCoV-2 competono tra loro avranno un valore significativo».
Pochi giorni fa, alcuni ricercatori brasiliani e inglesi hanno notato che la sequenza genetica del virus analizzata nel primo caso in America Latina ha delle piccole differenze rispetto al ceppo di Wuhan per tre mutazioni. Due di esse lo rendono simile a un caso rilevato in Germania. Un virologo di Pechino, che ha voluto mantenere l’anonimato, afferma: «È ancora troppo presto per dire se il virus sia mutato in qualcosa di più sinistro o più benigno. Per quanto ne sappiamo, le mutazioni potrebbero avvenire su parti del genoma che non fanno nulla». Continua: «Più studiamo il virus, più segreti sveliamo. Una domanda interessante che possiamo esplorare in seguito è se la ragione per cui alcuni pazienti non hanno mostrato alcun sintomo è che siano stati infettati con i ceppi di tipo S più vecchi ma più blandi. Solo altre ricerche potranno dirlo».