di Zhang Changxiao (Sean White)
Dove sono finiti gli insegnamenti di Fabrizio De André? O forse lo spirito di De André è solo nella bocca, ma non nel cuore?
Di recente, a causa dell’epidemia di Wuhan, ristoranti e supermercati cinesi in Italia sono stati boicottati, i bambini cinesi hanno subito discriminazioni, alcuni istituti hanno vietato agli studenti asiatici di frequentare le lezioni, eventi cinesi sono stati cancellati, fra cui anche la presentazione del mio nuovo libro La costellazione del dragone. Mi è stato comunicato, infatti, che l’incontro, originariamente previsto a Milano per la fine di febbraio, è stato cancellato. Posso anche capire che le librerie in questo periodo particolare, in considerazione della sicurezza pubblica e delle vendite, possano rimandare le attività, ma è anche vero che recentemente sempre più italiani provano una paura irrazionale verso il popolo cinese e vorrei cogliere l’occasione per esprimere alcune mie considerazioni.
Prima di tutto, la situazione dell’epidemia a Wuhan è più grave di quanto si possa immaginare, ma dobbiamo essere seriamente consapevoli di una cosa: dovremmo temere il virus, non i cinesi! Le accuse irragionevoli e le paure di alcuni italiani verso la Cina mi hanno lasciato molto perplesso. Sembra che nei momenti di pace tutti siano amici, mentre in momenti di crisi ci si accanisca contro gli altri ingiustificatamente. Se scoppiasse un’epidemia in Italia, i cinesi inizierebbero ad escludere e isolare gli italiani? È possibile immedesimarsi e comprendere i sentimenti dei cinesi che vivono a Wuhan? In tempi difficili, dovremmo comprenderci a vicenda e darci maggiore assistenza reciproca invece di adottare l’isolamento e l’attacco.
Quando sono arrivato per la prima volta in Italia, ho avuto la fortuna di incontrare la musica di Fabrizio De André, che rappresenta un’icona popolare amata dagli italiani e che spesso ha sostenuto valori universali, con una particolare attenzione verso i soggetti più vulnerabili, un concetto di valori universali simile a quello del rappresentante della letteratura cinese Lu Xun. Ricordo che De André ha più volte espresso, nelle sue canzoni, che bisognerebbe eliminare il pregiudizio e l’ipocrisia e far cadere le maschere. Ad esempio, nella canzone Sally vengono citati gli “zingari”. La maggior parte degli italiani spesso considera gli “zingari” una comunità di ladri. Il protagonista della canzone è un bambino cresciuto in una normale famiglia in Italia. All’inizio del testo Faber canta: «Mia madre mi disse “Non devi giocare con gli zingari nel bosco”», ma il protagonista, una volta cresciuto, sente il desiderio di conoscere il mondo, così si allontana da casa e incontra gli “zingari”. Alla fine del testo scrive: «Dite a mia madre che non tornerò». Il messaggio è che se vogliamo uscire dalla nostra comfort zone e imparare a vivere, dobbiamo essere disposti a superare i pregiudizi. Gli “zingari” della canzone, in realtà, si riferiscono a tutti i gruppi in qualche modo svantaggiati, agli immigrati di tutti i Paesi, agli indiani, ai cinesi e anche agli stessi italiani! Allora, dove sono finiti gli insegnamenti di Fabrizio De André? O forse lo spirito di De André è solo nella bocca, ma non nel cuore?
In casi come questo, dovremmo pensare a come aiutare chi è nel bisogno, non a escludere gli altri. Di fronte all’epidemia, il governo cinese si è impegnato a trovare la causa principale in poco tempo e a costruire un ospedale in soli dieci giorni. Un traguardo piuttosto raro nella storia del soccorso umanitario nei casi di calamità. Pertanto, anche l’Italia deve avere fiducia nella Cina. Non solo serve umanità, ma anche sostegno concreto, come fornire il necessario, istruire italiani e cinesi in Italia sulle precauzioni di sicurezza da adottare. La base della causa di questa epidemia è stata individuata nel fatto che alcuni cinesi mangiano animali selvatici, ma in realtà la stragrande maggioranza dei cinesi non ha questa abitudine! Anzi, è addirittura illegale in Cina, solo alcuni appassionati cercano la selvaggina, ma purtroppo c’è stato un problema di gestione e mancata supervisione da parte del governo locale.
La Cina ha imparato la lezione del Guangdong di 13 anni fa e da allora ci sono stati molti meno casi di epidemia. Il nostro Paese sta migliorando sempre di più. Si sa poco sulla cultura cinese, come rivelano recenti resoconti dei media italiani, ad esempio con l’indicazione errata delle posizioni geografiche di Pechino e Wuhan sulla mappa e così via: tutto ciò indica che la Cina e l’Italia hanno bisogno di maggiore comunicazione e dialogo. Nonostante questo 2020 segni i 50 anni di relazioni diplomatiche tra Cina e Italia, l’impressione è che i cinesi vengano apprezzati solo quando portano soldi, mentre al primo problema si inizi ad accusarli ed escluderli. Pertanto, in questo momento, i cinesi in Italia devono essere più uniti tra loro, ma anche impegnarsi per superare le incomprensioni con gli italiani.
Ognuno di noi è un biglietto da visita del Paese. Il nostro comportamento rappresenta l’immagine del Paese. Per ottenere rispetto, ognuno di noi cinesi dovrebbe continuare a mostrare una migliore immagine del popolo cinese al mondo ed eliminare i malintesi. Spero che l’epidemia finisca al più presto e che, anche attraverso queste riflessioni, l’Italia possa iniziare a prestare maggiore attenzione alle condizioni di vita dei suoi immigrati per vivere in armonia.