Fantascienza cinese, un genere che prende sempre più piede. Chen Qiufen, uno dei più grandi scrittori del campo, racconta il genere Science Fiction
La Science Fiction cinese è rimasta fino agli ultimi anni ai margini di quella globale. In gran parte sconosciuta ai lettori occidentali, nel 2015 si è ritagliata uno spazio sulla scena mondiale grazie a grandi scrittori come Liu Cixin, traduttori esperti come Ken Liu e studiosi famosi come Wu Yan e Song Mingwei. Tali autori hanno prodotto, tradotto e ricercato storie incredibili che hanno ottenuto riconoscimenti nella letteratura occidentale, in particolare Il problema dei Tre Corpi (Mondadori, 2017) di Liu Cixin, che ha vinto il premio Hugo, il più prestigioso riconoscimento di fantascienza per la letteratura assegnato dalla World Science Fiction Society. Tra i nomi che si sono distinti c’è Chen Qiufan, uno degli scrittori di fantascienza cinesi più letti e tradotti di sempre.
Chen Qiufan

Nato nel 1981 nella provincia cinese del Guandong, è un balinghou, un autore nato negli anni Ottanta, ed è uno dei maggiori rappresentanti della “generazione giovane” di autori di fantascienza in Cina. Il suo lavoro è stato influenzato dagli scrittori cinesi degli anni Novanta, le cui opere sono definite da una molteplicità di stili e forme, unite dalle loro influenze comuni derivate dalla Science Fiction occidentale e dalla cultura degli anni Ottanta che li ha nutriti tutti. Chen Qiufan, soprannominato il “William Gibson cinese” per la sua prosa elegante e per i temi sociali e psicologici presenti nel romanzo sino-cyberpunk The Waste Tide, centra le sue storie sulla relazione tra uomo e tecnologia. Un’antologia dei suoi racconti, L’eterno addio, è stata pubblicata in italiano da Future Fiction. Cina in Italia lo ha incontrato in occasione del suo recente tour italiano.
L’intervista
Come ci si sente a far parte di quella che il professor Wu Yan ha definito una «comunicazione a due vie» della Science Fiction cinesecon il mondo occidentale?
«Durante le prime due ondate di Science Fiction cinese, nel tardo periodo Qing e all’inizio della Nuova Era, la Cina ha importato molta Science Fiction occidentale in traduzione, ecco perché molti scrittori di fantascienza cinesi, me incluso, hanno letto le storie dei pionieri della Science Fiction europea, Jules Verne e HG Wells, e sono stati in gran parte ispirati da autori dell’età dell’oro americana come A.C. Clarke e da scrittori della New Wave occidentale come J.G. Ballard, Philip K. Dick e William Gibson. In tempi recenti, grazie alla traduzione di molte opere di Science Fiction cinese, resa possibile soprattutto da Ken Liu, scrittori come Liu Cixin e Hao Jingfang hanno vinto il premio letterario occidentale più importante per la Science Fiction, il premio Hugo. Così questo genere in Cina è arrivato all’attenzione generale come forma letteraria che non è solo imitazione di modelli occidentali, ma anche una narrativa con forti caratteristiche nazionali, per la sua rappresentazione delle radici culturali cinesi insieme a un presente altamente tecnologico, che è soprattutto cinese. Penso che sia meraviglioso che, grazie alla traduzione, i mondi occidentali e orientali abbiano trovato una piattaforma di dialogo, resa possibile attraverso il linguaggio di questo genere».
Ken Liu, lo scrittore americano che ha tradotto la maggior parte delle tue storie in inglese, ha svolto un ruolo significativo nel diffondere la fantascienza cinese contemporanea in tutto il mondo. Come vi siete conosciuti?

«Oltre a essere un grande scrittore, Ken è un americano con origini cinesi ed è un grande appassionato di Science Fiction: ha il profilo perfetto per un traduttore letterario dal cinese all’inglese. Ci siamo conosciuti via e-mail, alcuni anni fa. Stavo leggendo molta SF e mi sono imbattuto in uno dei suoi racconti, Gli algoritmi dell’amore (Urban Apnea Editore, 2018). Ho pensato che fosse davvero bello e gli ho scritto una mail. Ha risposto subito e abbiamo iniziato a parlare di fantascienza, dei nostri lavori, di traduzione e di tanti argomenti diversi; da allora siamo diventati davvero buoni amici. In seguito uno dei miei racconti, Il pesce di Lijiang (pubblicato in L’eterno addio, Future Fiction, 2018) è stato tradotto in inglese e ho chiesto la sua opinione sulla qualità della traduzione. Si è offerto di ritradurlo per me, senza soldi, spinto soltanto dalla passione e dal nostro amore per questo genere. Dopo che la traduzione è stata pubblicata sulla rivista Clarkesworld, Ken Liu ha vinto un premio importante per la traduzione e così ha capito che sarebbe potuto diventare un ponte tra la Science Fiction cinese e i lettori occidentali di lingua inglese. Successivamente ha tradotto molte delle opere di Liu Cixin e ha aiutato tanti scrittori cinesi ad arrivare ai lettori inglesi».
Una volta hai menzionato il «realismo fantascientifico» e la concezione di iperrealtà di Baudrillard. In che modo questi due concetti sono legati alla tua produzione?
«In Cina la relazione tra Science Fiction e mainstream è stata spesso complicata. Sebbene la Science Fiction cinese sia stata promossa nel tardo periodo Qing da intellettuali come Liang Qichao e Lu Xun, essendo quest’ultimo il padre della letteratura cinese moderna, nella lunga storia della Cina questo genere è stato spesso criticato o considerato dalla letteratura ufficiale non abbastanza letterario. Ecco perché una volta ho menzionato il concetto di “realismo fantascientifico” per sottolineare le qualità letterarie di questa narrativa che è in grado di rappresentare la realtà altamente tecnologica della vita quotidiana cinese. Un’idea che ha preso nuove sfumature quando ho iniziato a considerare il concetto di iperrealtà di Baudrillard, che si riferisce al fatto che nella Cina contemporanea la tecnologia è diventata parte della vita delle persone al punto di sostituire la realtà con simulacri tecnologici, che sono semplici imitazioni di quella realtà. In questo senso, credo che la realtà abbia superato l’immaginazione delle persone e la fantascienza sia in grado di rappresentare questo tipo di trasformazione».
La “fratturazione spaziale” e la “desincronizzazione temporale” sono, secondo gli studiosi Arif Dirlik e Xudong Zhang, i tratti che definiscono una postmodernità esclusivamente cinese, data dalla convivenza in Cina di condizioni economiche, politiche e sociali pre-capitaliste, capitaliste e post-socialiste. Anche il tuo romanzo The Waste Tide sembra essere segnato da una fratturazione spaziale e una desincronizzazione temporale. Sei d’accordo con questo punto di vista?
«In realtà sento di aver sperimentato questo tipo di “fratturazione spaziale” e “desincronizzazione temporale” sin dalla mia prima infanzia. Sono nato in una piccola città della provincia del Guandong, dove credenze antiche e gli ultimi dispositivi tecnologici erano parte della nostra vita quotidiana. A quel tempo, e ancora di più adesso, era come se lo stile di vita premoderno, moderno e postmoderno coesistessero nella nostra vita quotidiana e penso che questa sorta di frammentazione venga in parte rappresentata in The Waste Tide, dove metto insieme elementi spaziali e temporali eterogenei. Infatti, per la sua familiarità con il passato, il presente e il futuro, la fantascienza può essere in grado di rispecchiare con efficacia tempi e spazi diversi e coesistenti, prodotti da un rapido cambiamento tecnologico ed economico».
The Waste Tide è stato considerato cyberpunk, un sottogenere letterario collegato a un movimento che si è sviluppato nel mondo occidentale e che ha una forte connessione con la cultura americana degli anni Ottanta. Come balinghou, qual è il tuo rapporto con quel decennio, sia americano che cinese?

«Ho ricevuto molte influenze dalla cultura degli anni Ottanta e dai suoi prodotti, come videogiochi, film e serie TV come Star Trek, così come manga e cartoni animati dal Giappone tipo Ghost in the Shell. Tutte queste esperienze mi hanno fatto capire cos’è il cyberpunk ed è per questo che The Waste Tide include alcuni elementi tipici del genere. La differenza è che il protagonista del mio libro non ha vinto la guerra contro le multinazionali e ciò è dovuto al fatto che in questo momento l’intero sistema tecnologico sta funzionando non solo sul piano della società, ma anche nella nostra coscienza, nella nostra cognizione, nel nostro corpo ed è profondamente radicato in noi stessi. Non c’è punk nel cyberpunk cinese, perché non ci sono eroi vincenti, tutti devono andare non solo contro le grandi multinazionali, ma anche contro se stessi. Questo sistema cibernetico sta funzionando dentro di noi, proprio come un orologio biologico ed è quello che cerco di esprimere ed esplorare nel romanzo: come il cyberpunk può essere rigenerato in questa nuova era dove non c’è nulla di concreto».
A proposito di scrittori cyberpunk, sei stato chiamato il “William Gibson cinese” e la tua prosa sembra essere una buona combinazione di fantascienza e letteratura mainstream. In che modo questi due elementi si combinano nella tua scrittura?
«In Cina, in questo momento, la fantascienza ha un grande mercato tra lettori e scrittori, ma per me la Science Fiction deve essere incorporata nella storia e nella tradizione della letteratura, classica o mainstream. Ci deve essere uno sviluppo al livello di narrazione, di personaggi, d’impostazione del mondo e tutto dovrebbe essere integrato nella storia. Ho imparato molto da William Gibson e forse ho rubato qualcosa da lui, penso che il suo stile mi abbia ispirato molto, anche perché la sua fantascienza è molto più di una storia basata su una buona idea: crea una sorta di atmosfera unica, fatta da sentimenti sottili; dà al lettore un senso di ciò che è il futuro e qualcosa che è cognitivamente estraniante. Penso che la bellezza della fantascienza sia proprio questo e che anzi sia l’elemento essenziale di ciò che è una buona fantascienza. Il lettore deve essere scioccato dal testo, dalla stessa narrativa e deve percepire un mondo completamente nuovo. Ecco perché per me sia le idee che lo stile letterario sono molto importanti».
Il protagonista di The Waste Tide ha impiantato un occhio artificiale per la realtà aumentata: oltre a essere una sorta di occhiali a specchio utilizzati per connettersi con la tradizione cyberpunk, come suggerito dalla professoressa Cara Healey, è una sorta di nuovo dispositivo che pensi entrerà presto nella nostra vita?
«L’occhio artificiale di Kaizong è sicuramente connesso agli occhiali a specchio di Molly nel Neuromante di Gibson, penso che l’intera idea dei cyborg che percepiscono il mondo in modi nuovi sia molto affascinante: attraverso alcuni miglioramenti sensoriali possono espandere il loro modo di vedere, sentire e toccare, possono anche avere nuovi sensi. Ma questo è anche un fenomeno in fase di sviluppo nella realtà: anche se non è ancora arrivato così lontano, credo che diventerà qualcosa di reale nel futuro prossimo».
Qual è il tuo rapporto con la tecnologia?
«La tecnologia è parte della mia vita lavorativa quotidiana, oltre alla scrittura: in precedenza ho lavorato per Google e Baidu e ora lavoro per una startup di realtà virtuale».
Il cyberpunk, che è considerato il sottogenere letterario che mescola il campo tecnologico high-tech con la moderna cultura pop underground, presenta anche una combinazione letteraria di due idoli degli anni Ottanta: l’hacker e il rocker. Parlando di idoli, nella Cina contemporanea molti giovani autori come te sembrano godere dello status di rockstar. Come riesci a essere uno scrittore di fantascienza famoso, uno sceneggiatore, l’amministratore delegato di una società di realtà virtuale e il presidente della società della fantascienza cinese?
«Si tratta di tempo ed energia. A volte sento che in Cina la scrittura di fantascienza sta ricevendo troppa attenzione. Dopo Liu Cixin, alcune persone hanno aspettative non realistiche sugli scrittori di fantascienza cinesi: ci invitano a partecipare a diversi tipi di eventi, a conversare con scienziati, politici, studiosi… vogliono sapere cosa pensiamo del futuro, sperando di trovare qualcosa di stimolante nelle nostre parole. Ma io penso che gli scrittori di fantascienza non siano profeti, sono solo narratori, ecco perché ci sono sia cose buone che cattive che provengono dalla grande attenzione che riceviamo».
Cosa pensi delle possibili sinergie tra fantascienza e altri media, come videogiochi, cartoni animati e animazione?
«Penso che rappresenteranno di certo il futuro. Adesso le persone trovano sempre più difficile finire un libro, perché ci vogliono energia e tempo, ma per i media come videogiochi, animazioni e fumetti, che sono più facili da avvicinare poiché si ottengono informazioni direttamente dall’immagine, la situazione è diversa. Questo è soprattutto vero per i giovani lettori, che sono già abituati a un nuovo tipo di percezione e narrazione. Ultimamente ho esplorato alcune di queste sinergie, per esempio, ho lavorato all’adattamento a graphic novel di uno dei miei racconti, Buddhagram».
di Chiara Cigarini
Traduzione dall’inglese di Francesco Verso