Li Kunwu traccia un grande affresco della storia cinese contemporanea, da Mao Zedong ai nostri giorni, attraverso le storie di gente comune
Ci sono frasi che incoronano chi le ha dette e che si iscrivono nella storia di un popolo. L’aforisma più famoso che Deng Xiaoping pronunciò all’indomani della sua investitura, «Non importa che il gatto sia nero o bianco, importa che acchiappi i topi», per la sua straordinaria novità, cambiò la storia della Cina post-Mao e per certi versi la storia del mondo. Immaginate ora la storia della Cina contemporanea a fumetti. È appunto quello che fa l’opera Una vita cinese, autobiografia dell’artista Li Kunwu, disegnata da lui stesso e scritta in collaborazione con Philippe Otié. L’opera in tre volumi (Il tempo del padre, Il tempo del Partito, Il tempo del denaro) è un grande affresco della Cina vista attraverso le storie di gente comune da Mao ai nostri giorni.
L’assioma di Deng, detto in quel momento, chiudeva la partita con l’ala più estremista del Partito, rinnegava la retorica maoista della rivoluzione permanente, del fervore rivoluzionario come virtù suprema e regola di condotta dei cinesi e faceva piazza pulita del fanatismo ideologico della Rivoluzione Culturale. Si apriva un’altra epoca per la Cina, improntata al pragmatismo, il nuovo credo che da quel momento in poi avrebbe informato la politica cinese nelle decadi a venire, assurto a nuova religione e ultima “ideologia”.
Con verve e ironico realismo, il fumetto registra il mutamento e le sue ricadute nella vita della gente e mostra con quale rapidità i cinesi si siano adattati alla politica rivoluzionaria di Deng riforme e apertura, risvegliando le qualità genetiche anestetizzate dal maoismo: l’inclinazione per gli affari, lo spirito imprenditoriale, l’amore per il rischio e per il denaro, ma anche i valori positivi per niente scalfiti dalle avversità, la natura di un popolo pronto a scattare in avanti per superare le crudeltà della storia e ripartire verso nuovi traguardi.
Con ironia il fumetto mostra come la nuova retorica – che nel terzo volume viene definita «“economia di mercato compatibile con il socialismo” perché, si dice, pianificazione e mercato in ultima analisi sono solo mezzi e non costituiscono l’essenza del capitalismo e del socialismo» – funzioni a meraviglia per alimentare consumismo e affarismo senza scrupoli. Con la rapidità del fulmine, funzionari cinesi che avevano sopportato sofferenze e privazioni in nome di Mao riscoprono il capitalismo con i suoi valori e le sue derive: ricerca del benessere per sé e la famiglia, solidarietà con gli amici meno fortunati, ma anche clientelismo, arrivismo, attaccamento al potere, materialismo e caduta dei valori.
L’aforisma, adottato a giustificazione della nuova temperie, non convince tutti: i tanti che hanno creduto nel credo maoista Servire il popolo e nell’ideologia del “socialismo senza compromessi” si sentono traditi da una commistione quasi incestuosa fra due ideologie, tanto più improbabile in quanto fondata su interpretazioni piegate a proprio uso e consumo dei pensieri di Mao.
Il fumetto spiega che la definizione, adottata da tutte le dirigenze cinesi da Deng fino a quella attuale, “società socialista con caratteristiche cinesi”, che spesso lascia perplessi in Occidente, si fonda sulla storia della Cina. Le indicibili difficoltà e umiliazioni che il popolo cinese ha dovuto subire nel corso del XX secolo hanno insegnato la dura lezione della necessità di salvaguardare la profonda aspirazione alla stabilità e all’ordine, base e presupposto di una nuova rinascita e di un nuovo sviluppo.
«In Occidente si sostiene che i diritti umani vengono prima dello sviluppo e si dibatte la gerarchia dei valori – dice il protagonista del fumetto – ma questa è una discussione che i cinesi lasciano alle generazioni a venire, quelle che non avranno conosciuto gli indescrivibili tormenti a cui il popolo cinese è stato sottoposto per troppo lungo tempo». Se l’aspirazione alla stabilità e all’ordine sono un presupposto indefettibile, va da sé che esso induce alla rimozione, insomma a tirare una riga sul passato doloroso.
Il fumetto non nasconde niente, rivela con spietata franchezza le conseguenze del capitalismo, o meglio le sue inevitabili degenerazioni, i germi della corruzione sempre presenti, la connivenza delle banche che hanno per lungo tempo usato criteri di parentela e di connivenza nello svolgimento della propria funzione istituzionale, la relazione con i potenti, la corruzione, la prostituzione e così via. Gli affari si fanno nel salone dei massaggi, niente di nuovo, i Romani li facevano alle Terme, dove però avevano anche una biblioteca.
Il terzo volume entra nel vivo delle contraddizioni proprie di una società in rapida evoluzione, con gli inevitabili conflitti all’interno di una stessa famiglia tra una generazione e l’altra, tra chi si è trasferito in città e chi è rimasto nel paese natale. Dove sono più i valori tradizionali? Morale, dignità, onestà, rettitudine, rispetto delle regole. «Non si vive con la dignità», ribatte il personaggio che vuole fare soldi.
Il pregio ineguagliabile della trilogia è di accompagnare il lettore nella profonda immersione degli eventi che hanno travagliato la Cina da Mao a oggi, seguendo sempre la linea del crinale che non cede né sul versante della critica né su quello della propaganda e che lascia libero chi legge di farsi la sua opinione.
Da Cina in Italia – Aprile 2018